Il Faro Online: Dott. Lesnoni un riferimento Internazionale.
Oggi in Italia si fanno ogni anno circa 700.000 interventi agli occhi, e l’intervento di cataratta, tra tutte le chirurgie, è il più praticato, con circa 550.000 occhi operati ogni anno. Uno dei massimi esponenti internazionali della materia è il dott. Guido Lesnoni, Medico Chirurgo Specialista in Chirurgia Oculare,Vitreoretinica, della Cataratta e Refrattiva.
Presidente del gruppo italiano di Chirurgia Vitreoretinica Givre. Esperto di Chirurgia Vitreoretinica della Società Oftalmologica Italiana, Lesnoni ha eseguito decine di migliaia di interventi di chirurgia della retina, cataratta e refrattiva.
Docente in oltre 380 Congressi Nazionali ed Internazionali, ha frequentato Centri di alta specializzazione in chirurgia della retina e del vitreo negli Stati Uniti (“Duke Eye Center” – Durham – North Carolina, “The Johns Hopkins”- Baltimore – Maryland, “St. Luke – Roosevelt Hospital” – New York). E’ altresì autore di oltre 120 pubblicazioni su riviste scientifiche di Oftalmologia italiane e internazionali. Lo abbiamo incontrato in uno dei centri dove opera, la clinica Sant’Anna di Pomezia, per porgli qualche domanda.
Oftalmologia, Italia: a che livello siamo nel mondo?
“L’Italia è sicuramente considerata a un livello alto tra i Paesi industrializzati dove la chirurgia oculistica è più avanzata. Diciamo anche che abbiamo una grande tradizione, con dei maestri di indiscusse qualità. Ricordo alcuni nomi, di particolare rilevanza, come il prof. Benedetto Strampelli, il prof. Giambattista Bietti e molti altri che hanno dato lustro all’oftalmologia in Italia e nel Mondo.
Le scuole di specializzazione e universitarie, gli ospedali e le strutture accreditate sono a un livello molto alto sia dal punto di vista tecnico, sia diagnostico che chirurgico”.
E’ uno di quei casi, nella sanità, dove non c’è bisogno di pensare all’estero…
“Direi che chi si rivolge all’estero è semplicemente per un desiderio dovuto all’esterofilia, ma in realtà in Italia ci sono tutte le potenzialità per risolvere qualsiasi problema nel campo dell’Oftalmologia”.
Lei ha un lunghissimo curriculum, ed ha iniziato molto giovane, potendo assistere all’evoluzione della materia. In trent’anni nella società c’è stata un’accelerazione tecnologica significativa, com’è cambiato il mondo dell’Oftalmologia in tal senso?
“La mia esperienza in Oftalmologia inizia nel 1981, anno in cui mi sono laureato e ho vinto il concorso per accedere alla scuola di specializzazione in Oftalmologia e chirurgia oculistica. Diciamo che dall’81 a oggi, solo per parlare dell’intervento alla cataratta, ci sono state quattro rivoluzioni, quattro cambiamenti epocali nella chirurgia e nell’impianto dei cristallini artificiali.
Sono passati 37 anni, e circa ogni 7/8 anni è cambiato tutto. Ancora oggi sono in atto grandi cambiamenti, e assistiamo a una razionalizzazione dell’intervento di cataratta che dà al paziente un comfort maggiore e una ripresa sempre più rapida, associati a una minore invasività. Oggi infatti l’orientamento è entrare nelle strutture oculari con delle dimensioni di accesso sempre più ridotte, e lavorare in un occhio che praticamente rimane chiuso dall’inizio alla fine dell’intervento; quindi non ci sono più punti di sutura né cicatrizzazioni prolungate. Anche nel campo della chirurgia della retina abbiamo registrato cambiamenti epocali”.
Qual è la frontiera ancora da scoprire?
“Purtroppo sappiamo che un occhio è stato progettato da Madre Natura per arrivare a 85/90 anni, e questo limite biologico esiste. Sappiamo che oltre i 100 anni la cecità è pressoché inevitabile, e questo aspetto lo vediamo come un limite invalicabile.
Le degenerazioni maculari, soprattutto quella senile – che oltre una certa età interviene su una percentuale altissima di pazienti – pongono ancora oggi dei problemi legati all’invecchiamento dei tessuti, problemi che non siamo riusciti a superare. E rappresentano certamente una sfida attuale.
L’altro aspetto è quello delle degenerazioni retiniche, che riguardano solo alcuni strati della stessa, e che prevedono delle correzioni tramite l’inserimento di microchip, consentendo di riacquistare una visione, ancorché grossolana; pur sempre un minimo di autonomia. Anche su questo fronte dobbiamo migliorare…”
Come scienziati siete andati molto avanti rispetto al trattamento delle malattie, ma queste ultime, quasi fosse una reazione, hanno allargato il loro bacino di influenza abbassando sempre di più l’età di aggressione dell’individuo. Come spiega questo fenomeno?
“Questa è una domanda molto interessante, perché effettivamente ciò che Lei dice lo constatiamo continuamente. Abbiamo oggi un’età di insorgenza della cataratta che è sempre più precoce; tutti noi quando si parla di cataratta pensiamo alla persona anziana che si è ormai ritirata dal lavoro… E invece no. Abbiamo elementi per dire che l’età media della cataratta si è molto abbassata. Ciò può essere legato a elementi ambientali, sui quali va fatto un approfondimento: la presenza di fonti luminose nuove, ad esempio, la presenza di raggi ultravioletti non più filtrati a dovere dall’atmosfera, alcuni tipi di lavori usuranti a contatto costante con alte temperature, e non ultimo l’alimentazione orientata a uno scarso utilizzo di frutta e verdura”.
Qual è dopo decine di migliaia di interventi effettuati, la difficoltà che Lei si trova davanti più spesso: psicologica, tecnica?
“Ritengo che oggi ci siano in primis difficoltà di comunicazione con il paziente che bisogna cercare di superare. L’obiettivo deve essere un’informazione corretta, dialogo e soprattutto capacità di esprimere chiaramente i nostri limiti, senza avere un atteggiamento di non collaborazione.
Questo – devo dire – è un aspetto che manca nell’istruzione universitaria italiana di Medicina; andrebbe inserito nei piani di studio un esame universitario sul profilo psicologico del malato, che consenta al medico di comunicare meglio, nel modo più corretto, per evitare fraintendimenti”.
Il margine di errore dei macchinari?
“I macchinari non sbagliano. Sono condotti da professionisti e per funzionare bene devono avere una manutenzione periodica costante. I macchinari possono fermarsi, non sbagliare. E quando funzionano è il chirurgo che li gestisce. Oggi lavoriamo con attrezzature molto sofisticate, ma esiste ancora un margine di errore del chirurgo. L’uomo non è una macchina, e qualche volta si può sbagliare, a volte anche per la mancanza di collaborazione dell’equipe.
Ovviamente non siamo infallibili, ma devo dire che il trend in Oftalmologia è di scarsa incidenza di errore, tant’è che non ci sono tanti contenziosi come invece accade in altre branche della chirurgia. Per quanto mi riguarda ho all’attivo circa 25.000 interventi, nelle strutture che dirigo facciamo circa 2.000 interventi l’anno, e – facendo tutti gli scongiuri del caso – non ho alcun contenzioso”.
Un consiglio ai giovani chirurghi?
“Più che altro un consiglio al mondo universitario: istituire nell’ambito di Medicina lo studio della gestione del paziente, utilissimo, una volta acquisiste le competenze professionali, per andare oltre la tecnica e sposarla con l’umanità”.